«Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo, ex direttore generale operazioni di Autostrade per l’Italia, mi rispose: “ce la autocertifichiamo“.
Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno.
Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico».
L’ha appena ammesso Gianni Mion, ex-ad di Edizione (la holding della famiglia Benetton, che controllava Autostrade attraverso Atlantia) durante il processo sulla strage di Genova.
Sì, la strage di Genova, altro che tragedia del Morandi. È stata una strage i cui responsabili dovranno passare anni in galera.
Posso solo immaginare i sentimenti dei parenti delle vittime nell'ascoltare queste parole. Mion, inoltre, ha detto che alla riunione dove si parlò del rischio crollo del Morandi (era il 201 erano presenti anche l’ex-ad di Aspi Giovanni Castellucci e Gilberto Benetton (ex vicepresidente di Edizione, morto nell’ottobre 2018).
Questa storia non va dimenticata.
Non possiamo dimenticarla.
Rappresenta, ahimè, la storia dell’Italia.
Potenti che credono di farla sempre franca e che pensano esclusivamente ai profitti e vittime, vittime, vittime. Vittime che meritano giustizia.
La famiglia Benetton è stata sempre trattata con i guanti da stampa e politica.
Sapete il perché?
I Benetton (attraverso le loro imprese o direttamente) hanno finanziato campagne elettorali di partiti politici (da destra a sinistra) e hanno arricchito giornali su giornali con la pubblicità.
C'è un solo modo per tentare di rendere più civile questo martoriato Paese e ridurre le possibilità che altre stragi del genere possano accadere.
Quale?
Pretendere giustizia e non dimenticare.
Tutta la mia solidarietà al Comitato dei parenti delle vittime del Ponte Morandi.
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