Era uno di quei giorni dove il bosco si animava in modo violento. L’aria di burrasca spettinava le cime degli abeti e dei larici facendole sembrare enormi mani che dipingevano la volta celeste. Il Gracchio stava nidificando vicino a qualche ruscello montano ed il sottobosco odorava di funghi e di muschio fermentato. Mi fermai quasi che quel fruscio del vento tra gli alberi, mi stesse chiamando. Un sussurro in realtà. Alzai lo sguardo cercando qualcosa che potesse nascondersi tra le fronde. Passai la mano sul mento coperto da una folta barba quasi canuta oramai, ma anche i miei stanchi occhi non riuscivano a vedere oltre una leggera foschia. A pochi metri da me però, una veloce macchia rossiccia passò velocissima alla mia sinistra, per poi fermarsi ad una distanza che riteneva sicura; era una splendida volpe che chissà per quale motivo, volle osservare questo strano animale con un grande cappello piumato in testa. Ci guardammo per un tempo indefinito e lessi i suoi pensieri che mi chiedevano « Tu sei un umano vero? Non ne avevo mai visti prima, ma di voi ho una pessima opinione, quantomeno dalle leggende che vi riguardano, tutte che vi ritraggono nel peggiore dei modi. Almeno per ciò che riguarda i rapporti tra voi e noi ». Le risposi allo stesso modo ma la vidi ancor più diffidente « Se fossero vere tutte le dicerie sull’uomo, sarebbe giusto che questa razza si estingua ma sai, non tutti gli uomini sono siffatti nel modo che le vostre leggende raccontano. Per quanto mi riguarda non ho nessun interesse che tu venga catturata o uccisa, la tua razza è presente in questo mondo da molto più tempo della mia, per cui non potrei mai compiere questo delitto nei tuoi confronti, ma invero contro nessuna specie presente in questo bosco » replicai ma non la convinsi. Mi guardò sospettosa allontanandosi nascosta dalle felci e dai rovi di more selvatiche. Ad assistere a quel nostro silente dialogo, vi era appostato su un ramo di pino mugo oltre la mia testa uno splendido gufo reale che sembrava borbottasse qualcosa « E’ pur vero che in questo luogo non v’è silenzio, ma ascoltare i vostri inutili pensieri mi impedisce il giusto riposo e questo mi mette di malumore. Chi siete? » chiese severo ma non lasciò che si formasse il pensiero che stavo per avere per rispondere alla giusta domanda tanto da trovarla da se arcuando le penne che aveva sopra l’occhio destro, facendolo sembrare un burbero docente « Tu sei l’uomo di quella casa nella radura se non errò. Vengo spesso dalle tue parti, lì le prede per i miei pasti abbondano grazie agli avanzi che produci. Ti vedo quando percorri questi sentieri ma come la volpe, anch’io nutro una certa diffidenza verso di te e dei tuoi simili a cui preferisco di gran lunga la compagnia dei lupi. Esseri feroci certo, ma con un codice morale che voi avete perso, sempre che ne foste dotati nei tempi dei tempi » borbottò imbarazzandomi. Era vero, quell’accusa era un dato di fatto, l’uomo aveva smarrito la strada della conoscenza e del rispetto. Morale? Etico, esistenziale e aggiungerei spirituale ma faticai a trovare le parole per replicare all’altero rapace « Non potrei che darvi ragione, signor Gufo. I miei simili sono stati degli stolti, ingannati da procaci mangiatori di anime assetati di sangue innocente, ma non posso difenderli dalla loro incauta scelta » dissi, ma era solo una prima parte di ciò che intendevo raccontare. Tolsi dalla ampia tasca del giaccone in peltro una vecchia pipa di radica di mugo e chiesi il permesso di poterla fumare al possente amico alato che udìì grugnire indispettito ma dopo aver sospirato commentò quasi schifato « E sia umano,. Ma non capirò mai perché vi ostinate a riempirvi i polmoni di quel fumo che producete e che vi fa danno. Voi umani….mah » sorrisi a quella paternale ma sapevo che aveva ancora una volta ragione

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